Eh già, posso dire che sto per entrare nel club delle mamme. Che bello, ma anche che paura!!

Sì, sono al quinto mese di gravidanza e piano piano (mi ci è voluto un po’) sto capendo che sono incinta, che c’è qualcuno/a dentro la mia pancia che si muove, dorme, cresce e che è diverso/a da me. Così, grazie a questa nuova presenza, mi sto inoltrando nel mondo della gravidanza. Strano luogo a dir la verità. Strano soprattutto per tutte le “leggende” che lo circondano (“bevi birra che fa latte”, “è il periodo più bello di tutta la vita”, “dormi ora, che poi chissà per quanto non lo farai”, “hai una pelle luminosissima”…), per tutte le aspettative che ci vengono passate e che ci creiamo. Strano perché la gravidanza sembra essere coperta da un impenetrabile alone di magico mistero. Su questo “alone di magico mistero” mi sono trovata a riflettere in questi mesi. Mi viene da pensare che se da un lato questo mistero deriva dal fatto positivo che veramente il sentire crescere qualcuno/a dentro di noi appare come il simbolo del miracolo della vita che prosegue, dall’altro forse rischia di diventare un recinto di tabù che non permettono alle donne di esprimere il misto di emozioni, sensazioni, desideri che caratterizzano questo periodo. In molti luoghi, ancora oggi, mi pare si possa parlare solo degli aspetti positivi, dell’idillio che dovresti vivere, della gioia e immensa gratitudine che una donna dovrebbe provare per la condizione di grazia che l’è stata concessa. E tutto il resto? La fatica di vivere i cambiamenti del proprio corpo e dell’entrare in contatto con questa nuova vita che sta crescendo? Degli sbalzi di umore provocati dagli ormoni? Delle paure per se stesse, per il proprio bambino/a (sarà sano, andrà tutto bene?)? Della ricerca di trovare un modo per vivere i cambiamenti con il proprio compagno (quando si ha la fortuna di averlo)? E la rabbia e l’insofferenza? Tutto questo dove trova spazio e voce? Possono emergere liberamente senza essere soggetti ad un giudizio negativo o al senso di colpa? Forse sono queste domande, dubbi, riflessioni che mi colpiscono, che mi chiedono di essere vigile per capire cosa mi si smuove dentro, per dare un nome a ciò che attraverso così che possa comprenderlo e utilizzarlo per il mio bene e per quello di colui/colei che nascerà. Lasciare spazio alla vera bellezza, non a quella dei canoni culturali o a quella dettata a priori da altri, ma alla bellezza fatta di “carne e sangue”, fatta della vita quotidiana con le sue mille contraddizioni, con i suoi lati positivi e negativi, con i momenti di euforia e con quelli di tristezza. Lasciare spazio, quindi alla bellezza reale, a quella unica e irripetibile che caratterizza ogni storia, ogni relazione, ogni rapporto e che si modifica ogni giorno perché vive di ciò che ci si porta con sé della propria vita e di ciò che ci circonda. Così, auguro a tutte di poter trovare luoghi dove lasciare fluire il proprio mondo interiore, di non spaventarsi di fronte alle contraddizione che nascono in noi, di non sentirsi in colpa per i sentimenti contradditori che si sperimentano nei confronti dei propri figli/e. Poter accogliere le mille sfaccettature che ci attraversano ci aiuterà ad accogliere anche quelle dei nostri figli, lasciandoli più liberi di essere loro stessi.